mercoledì 7 gennaio 2015

Je suis Charlie



Facile, ora, condannare, dissociarsi, inorridire...
Era, forse, scomodo fare scudo a quelle colorate vignette, prima?
Necessitava, forse, una dose troppo elevata di coraggio?
Era poco conveniente rispetto alla dirimpettaia e numerosa comunità di quelli che pregano sul tappetino?
O proprio non fattibile per chi, nella comunità vi era dentro, dissociarsi dal coro dei critici o, peggio, dei vocianti dal pulpito che incasellavano giornalisti e vignettisti come condannati a morte?

Perché tanti, troppi,  criticavano, vociavano, appoggiavano la minoranza/maggioranza tumultuosa e arrogante, attenti, come sempre, a non offendere, urtare, stuzzicare quella pericolosa e spesso non scomoda, bensì comoda, "folla".
"Via, un po' di ritegno" dicevano "non hanno tutti i torti ad indignarsi... come si fa, con vignette ed articoli così offensivi?!"
Gli stessi, ora, piangono, si stracciano le vesti, difendono, alzano lo scudo...

Ma in questa pazza sinusoide, in cui loro, i mostri con il kalashnikov, si arrampicano ritmicamente per premere il grilletto giunti all'acme, e poi nascondersi all'ombra della curva discendente, quando il clamore del gesto scema, siamo noi tutti, bersagli a nostra volta, a decidere il ritmo.

Perché anche in giorni di relativa quiete, quando anche una semplice parola, una singola dichiarazione, vanno contro quello che i nostri antenati hanno faticato a costruire e a fregiare con il nome di Civiltà, di Diritto Umano, di Libertà, anche in quegli apparentemente innocui istanti l'indice dovrebbe levarsi e, unanimi, non sporadici, gli scudi alzarsi.