lunedì 29 aprile 2013

Diamanti e Diavoli

Sampdoria - Fiorentina = 0-3



Tutto come da copione: il Milan vince con goleada contro il malcapitato di turno, con qualche dubbio per un paio di decisioni arbitrali, e mantiene il podio e il piazzamento Champions, a scapito degli illusi viola.

Peccato che la messinscena si sia discostata un po' da quanto scritto sulle pagine sgualcite di questo libretto visto troppe volte. Si, perchè la vittoria facile, facile non lo è stata affatto, dal momento che il Catania ha di nuovo mostrato quanto bene sa giocare, ha messo sotto due volte il diavolo, e solo un paio non di piccole sviste, ma di ennesimi, macroscopici, voluti, errori del fischietto, tale Massa di Imperia (!), hanno decretato la vittoria e i pesanti tre punti milanesi. O forse, anzi certamente, le note a margine del copione stesso, scritte a matita da chissà quale mano ben conosciuta, avevano richiesto proprio questo tipo di finale...

Quello che la mente dell'oscuro fattore non aveva probabilmente previsto è il continuo discostarsi dal percorso di anonimato pre-stabilito di questa zanzara fastidiosa, di questa provinciale che al suo posto proprio non ci vuole stare; di questa imprevedibile Fiorentina, che ieri doveva giocare nervosa contro una Samp in crescita, magari prenderne un paio e tornare nel Granducato con le pive nel sacco. E invece, questa spocchiosa squadruccia, gioca a fare la grande, e mette su una partita capolavoro dal punto di vista tattico, mette di nuovo in mostra tre o quattro gioielli, diamanti grezzi che il tagliatore di pietre Montella sta sapientemente lavorando giorno dopo giorno (e quanto sarebbe bello l'anno prossimo rubarne un paio, o magari tutti). Insomma, vince ancora, convince ancora, e ancora alita sul collo taurino di Zio Fester.

A proposito del suddetto pelato, e ancora della tanto da lui sbandierata inciviltà dei fiorentini... Ma quanto erano civili i tifosi rosso-neri che gridavano "Zanetti salta con noi..."?! Quanto son stati onesti i rosso-neri in campo nel continuare il gioco, fra l'altro finendo con gol, con un avversario a terra (bastava un semplice scambio di far-play, visto che il Catania nel primo tempo non era stato così cinico in un'analoga situazione)!
La speranza è quella del contrappasso, pena che, visti i colori ed i simboli infernali dei milanesi, sarebbe quanto mai adeguata.

domenica 21 aprile 2013

Sindrome da Tafazzi

Fiorentina - Torino = 4-3



Siamo folli!
Ci piace camminare su un filo d'argento a piedi nudi, sospesi sul baratro, fuggendo le autostrade tranquille, i percorsi consigliati dalla Guida Michelin... Ci sarebbe da farsi gran risate, se non fosse che quella mezz'ora da panico, senza certezze ed in balia di un semplice e lineare Torino, che chissà perchè non si convince di dover essere annientato dal peso di tre gol, mi ha lasciato l'amaro in bocca.
Era tutto perfetto, un risultato che sapeva di goleada, le geometrie che si disegnavano sul verde del Franchi come nella moviola ipertecnologica del dopo-partita SKY; gli ex di parte granata annichiliti, piegati al volere dei nuovi attori del centrocampo viola; tre gol da cineteca, perchè si sa, alla Fiorentina piace non essere mai banale; il divertente siparietto in tribuna, con Andrea che presenta al Sindaco due amici nipponici che sembrano mascherati da tifosi della Fiesole per un veglione di Carnevale (e uno di loro si affretta pure a porgere al buon Matteo Fonzarelli il proprio biglietto da visita... mah...).
Poi il numero 7 del Toro, uno che alle nostre latitudini conosciamo molto bene per i lunghi anni passati in riva all'Arno, e noi a chiedersi "ma è bono o è grullo?", si inventa una bella serpentina, e serve a Barreto il gol della bandiera. Solo che di gol-bandiera non si tratta, anzi. Sotto la bandiera di quel gol il Torino serra le fila, e la Viola, quasi incredibilmente scompare, regalandoci la mezz'ora thriller di cui sopra. Sempre Santana, e poi, come nella miglior tradizione dell'ex, pure Cavallo Pazzo Cerci, fanno tremare le fondamenta delle nostre certezze.
Merito loro, certo, ma anche grande demerito della difesa viola, che in un mix in parti uguali di deconcentrazione, supponenza e imperizia, regala palloni, grandi porzioni di prato e ben poco contrasto. E demerito pure del centrocampo, con Pizarro e Borja in zona pisolino. Aquilani e quei due tipi dai piedi buoni là davanti (leggi Cuadrado e Ljajic), in quella mezz'ora, vivevano ancora di luce riflessa per quanto fatto nel primo tempo, ma anche loro si sono decisamente eclissati. Di Larrondo, oggi, meglio non parlare...

Ma quello che rende grande una squadra, il Carattere con la C maiuscola, alla fine è venuto fuori, personificato in quel Romulo tante volte accolto con risatine e gomitate, ma che alla fine risulta professionista serissimo, sempre disponibile e mai oltre le righe, nonostante venga utilizzato con il contagocce.
E in quel tiro mette tutta la rabbia repressa, ci riporta in volo.

Dove atterreremo, guardando il calendario, lo intuiamo già da adesso: troppo speculare, il nostro e quello rosso-nero, con il solo apparente scoglio Roma per entrambe, per sperare in clamorosi ribaltoni. Ma la distanza fra noi e loro è ridotta, ora, ad un velo, ed il calcio è veramente strano, basta guardare questo pazzo pomeriggio fiorentino. Quindi concentrazione e convinzione al massimo, da ora in poi, e continuiamo a mordere il collo al Diavolo!




sabato 20 aprile 2013

Golpe?



Perchè parlo raramente di politica? Perchè c'è solo da rimetterci, visto che le tue idee raramente trovano il consenso di chi ti ascolta, di chi interloquisce con te, perchè in Italia ognuno ha una opinione diversa dalla tua (e meno male, sarebbe anche noioso parlare solo davanti a chi la pensa come te)... Perchè troppo spesso mi son ritrovato a sostenere le mie scarse convinzioni politiche contro amici improvvisamente diventati accaniti nemici.
Ma scantono giusto cinque minuti verso questo argomento spinoso trascinato dal momento intenso, dai fatti in tempo reale, dalle parole di un ex comico visto come un Davide armato di fervore contro il Golia dei ladroni.

Il Napolitano bis mi piace molto poco, sa di minestrone riscaldato perché in frigo non si è trovato di meglio, il supermercato è chiuso per ferie, e la pancia brontola, e poi magari anche perché quel pezzo di pecorino lì in fondo non si ha voglia di mangiarlo.

Ma giocare con le parole, con le emozioni, e parlare di golpe, di rivoluzione, invocare la discesa in piazza della gente, la marcia su Roma di milioni di fedayn, ecco, questo mi piace ancora meno; perché non credo che chi le pronuncia, quel Beppe che megafona dall'alto del suo disimpegno, impegnato sul solo campo da gioco che lo favorisce, il palco popolare, non abbia pensato che fra i milioni di suoi sostenitori potrebbero, per la legge dei grandi numeri, esserci anche degli idioti, degli svitati che quelle parole le prendono sul serio, che, aizzati dal megafono, spolverano le spranghe, o peggio, la polvere da sparo.
Fra l'altro parlare di golpe quando due terzi del mondo politico (e magari anche due terzi d'Italia) non la pensa come te, e, nella legittimità costituzionale, compie azioni che non ti compiacciono, beh, quello, per una voluta legge del contrappasso, è parlare da golpista.

Quindi, piano con le parole, caro Grillo e cari grillini; vi hanno mandato a fare i deputati ed i senatori, comportatevi come tali! Lasciate le piazze e le botte ai paesi incivili, e provate voi a cambiare l'Italia a colpi di legittimità!

lunedì 15 aprile 2013

A dispetto dei Santi (e dei Diavoli)

Atalanta - Fiorentina = 0-2


...e siamo ancora lassù, a dispetto dei Santi che da sempre pontificano e giudicano dall'alto degli scranni dorati costruiti sui diritti televisivi, e dei Diavoli, che con il loro Belzebù uscito da un episodio della famiglia Addams, ci hanno elevato al rango di nemico pubblico numero uno; misurata ignoranza (intesa come di colui che vuole ignorare) e gioia per il risultato, mi hanno portato a non commentare le monetine, la bava alla bocca, le offese reciproche e l'abbandono del campo di una settimana fa; ma poi il distinto presidente rosso-nero itera il reato, continua a provocare, invoca scorte di autoblindo stile Afghanistan da affiancare alla sua costosa berlina non appena supera, direzione Milano, San Giovanni Val d'Arno... Ma poi leggo i commenti sui siti di parte Corso Como, che ci additano (noi?) come una schiera di spocchiosi e provinciali imbelli calcistici, stupidamente convinti, poveri sciocchi, di aver addirittura inventato il calcio...
E allora, le risposte sono doverose:
Prima di tutto, mi duole dirvelo, ma si! Il calcio in Italia l'abbiamo inventato noi, e anzi ben prima che qualcuno inventasse l'Italia, in un periodo cioè, in cui Firenze si ergeva a culla del Rinascimento, primo trainante di tutte le realtà culturali della penisola, che con forza, lungimiranza e tenacia fungeva loro da modello per uscire dall'età oscura. A quei tempi i milanesi erano ancora alle prese con Il Moro ed il tallone degli Sforza.
Ma questa è solo una semi-seria postilla, perché non ci sfugge certo che il Calcio in Costume assomiglia più al rugby che al football. Il tifoso viola si è formato sui lunghi, troppi anni passati a rosicchiare pane nero e duro, con lo sguardo però illuminato dalle giocate dei tanti campioni che hanno vestito la casacca gigliata; sguardo che si faceva rabbioso nella finale consapevolezza che così tanta arte pallonara fosse miseramente ricompensata dagli scarsi trofei conquistati. Quella che agli altri pare spocchia, è invece l'orgoglio di portare un blasone che per noi significa storia, classe, lacrime, molte, e gioia, poca. Quella che agli altri pare supponenza, è invece quel poco di perizia tecnica lasciata come polvere di stelle sulla nostra pelle, ciò che rimane nel nostro DNA di appassionati dei passi fini sull'erba del Franchi fatti da gente come Magli, Virgili, Segato, Gratton, Julinho, Montuori, Hamrin, Amarildo, Albertosi, Superchi, Antognoni, Merlo, De Sisti, Chiarugi, Passarella, Baggio, Dunga, Batistuta, Rui Costa.....
Quindi eccoci, cari diavoli... Alla fine passerete voi, ma stasera sentite il nostro fiato sul collo; lo sentirete anche domenica, mi auguro, e magari vi renderemo la Champions difficile fino al 19 Maggio.
E tu popolo viola, sogna... come diceva la fantasia di Barry, non smettere mai di sognare, solo chi sogna impara a volare.

domenica 7 aprile 2013

Oro Colato

Fiorentina - Milan = 2-2


Mettiamola così: ce la stavano allegramente rubando, alla fine gliel'abbiamo rubacchiata noi.

Frase semplicistica, è vero, ma alla luce di due rigori giusti per il manuale del calcio, ma ben poco per il tifoso rosso-nero, concessi alla Viola, e due altri rigoretti, uno che ci stava se si usa lo stesso metro di giudizio di quelli precedenti (spintina sul corpo avversario), l'altro solare per un "mani" sciagurato di Roncaglia, a me sembra quanto mai veritiera. Mi mette nelle scomode, ma dorate, vesti del tifoso di Milano, e sento che avrei molto da recriminare.

E qui mi fermo, altrimenti mi si taccia veramente di aver cambiato sponda, calcistica, s'intende.
Stendiamo un velo pietoso sul primo tempo, almeno sulla prima mezz'ora: tutti gli incubi si avverano, con il Riccardino nazionale che ci affossa al pronti-via, ricacciando in gola i fischi ed i fischietti alla moltitudine del Franchi (Gaini senior mi suggerisce: tanti quanti gli statali del Corpo dei Forestali della Regione Sicilia, ovvero uno per ogni albero sempreverde della stessa ridente isola!). Come se non bastasse, perdiamo tutta la difesa, vuoi per infortunio (Savic) vuoi per Tagliavento (esagerato sul rosso a Tomovic), e mezzo attacco (JoJo alza bandiera bianca e rientra negli spogliatoi senza bisogno della doccia lava-sudore).

Il secondo tempo inizia anche peggio, perchè Flaminì rischia di mandarci di traverso in modo definitivo il pranzo ingoiato in fretta e furia.
Ma qui cambia il vento: comincia la prova d'orgoglio, unico e vero file-rouge che voglio salvare di questa prestazione; vedo i nostri come un bel picchiaduro dei vecchi tempi, azzuffarsi arrabbiati neri come nella peggiore delle partite UISP; forse costringere anche l'arbitro ad andare un po' in confusione; ritorno sui due rigori concessi: come sopra, da manuale ci stanno, per la squadra che gioca fra le mura amiche in special modo, ma se veramente nella decisione dell'espulsione di Tomovic ci fosse stata malafede, entrambi i tiri dal dischetto li avremmo sicuramente visti con il binocolo. Quindi, sapendo bene che nel Palazzo contiamo zero, anzi siamo scomodi, e che rispetto alla dirigenza del Milan veniamo considerati come il bidello a scuola, non mi rimane che propendere per l'errore umano. Come di errore, buon per noi, si è trattato il fischio strozzato sull'evidente fallo di mano di Facundo.

Insomma, una partita che non rimarrà certo negli annali per la sua bellezza e limpidezza, magari per il cipiglio da duri che ci ha consentito di non chinar la testa di fronte ad una mazzata tremenda come il 2-0 in 10; un pareggio che sa, proprio per questo, di oro colato, ed un punto prezioso non per la corsa Champions, obiettivo visibile solo con il telescopio orbitale, ma molto per quella Coppa che il nome cambiato in "Europe" ha un po' svilito, ma che per me resta sempre la UEFA.

sabato 6 aprile 2013

Il Gioco di Kim



Che immagine possiamo avere di lui?
Io lo vedrei bene in braghette e maglietta verde militare ben tirata sul pancione, col faccione ebete ed i capelli assurdi stile Nobita, illuminati dal solo riflesso dello schermo della PlayStation, che proietta i sibili e le esplosioni di Command & Conquer. Poi, ancora con il sorrisone per l'ennesima, e scontata, vittoria del suo esercito Rosso, si alza e raggiunge, in ritardo, il gabinetto, ma quello di guerra, pieno di canuti generalissimi, pronti a fargli continuare il giochetto sulla cartina del Pacifico, della Corea del Sud, del Giappone e della California, con quei bei modellini di navi, aerei e missili, che gli turbinano davanti come appetitosi giocattolini.

Ecco, se l'immagine che avete di  Kim Jong Un corrisponde a questa, siete in grave errore; si, perchè vedendolo come un bamboccione innocuo, rischiate di sottovalutare un rischio concreto, e le motivazioni sono molteplici.

Primo: la Corea del Nord ha le spalle al muro; inchiodata all'embargo internazionale dalle sciagurate decisioni prima del padre, poi del figlio, che negli ultimi anni hanno rinnegato quanto di buono avevano intrapreso all'inizio del nuovo millennio, ritornando sulle peggiori posizioni di chiusura stalinista e militarizzazione estrema (vedi il nonno, sigh); dissanguata almeno dal 2007 dal tentativo di sviluppo di armi nucleari, e dalla totale militarizzazione dello Stato; oggi la DPRK si trova nella tipica condizione di nazione in ginocchio, con due sole vie di fuga, o il gesto estremo o la rivoluzione interna.

Secondo: anche se l'intelligence internazionale si scontra contro uno spessa cortina fumogena, tutti i siti specializzati sembrano concordare sul fatto che a nord di Seoul qualcosa di troppo simile ad un ordigno nucleare possa essere effettivamente caricato su un vettore; la realtà, poi, è che il vettore in questione (leggi missile), non è in grado di raggiungere le coste statunitensi (come nessuno sembra evidenziare, forse per dovere di catastrofismo); ma la realtà dice anche che sempre lo stesso vettore, che sia un vetusto Scud, con portata limitata alla sola Corea del Sud, oppure un No-Dong, con un raggio di azione fino a 6000 Km (il massimo consentito dall'attuale tecnologia nord-coreana), può colpire aree a densità di popolazione da bollino rosso (la stessa Seoul, quasi 10 milioni di abitanti, oppure Tokio, più di 15 milioni...). E che dire dei MIG-29, schierati a sei minuti (!) di volo dalla capitale sud-coreana?


Terzo: vero è che la ragione del polverone sollevato apparentemente senza motivo dal grassoccio trentenne nord-coreano è la stessa di tante altre provocazioni, ovvero ottenere concessioni, maggiori aiuti, aperture commerciali in genere, ma questa volta rischia di essersi spinto troppo in là, di aver osato troppo con le parole e con i fatti, di essersi fatto prendere troppo la mano; e alla sua prima vera comparsa, con inatteso passo pesante, sul panorama mondiale, dal basso della sua inesperienza, e della sicura scarsa conoscienza delle regole del gioco, il suo gioco potrebbe pericolosamente giungere ad un punto di non ritorno.

Quarto: non è affatto vero che la DPRK è sola soletta in questa partita; gli zii di primo grado, che sono stati, con Mao, i veri modelli di socialismo post conflitto mondiale, si guardano bene dal tirare scapaccioni al nipotino bellicoso, e, al di là delle dichiarazioni di circostanza, mantengono un atteggiamento protezionista, non certo di appoggio ai diritti americani (ci mancherebbe), nè a quelli di Seoul (che con il suo boom è una troppo evidente antagonista economica nella regione asiatica), nè tantomeno a quelli Giapponesi, storicamente primo, e mai dimenticato, rivale dell'impero dagli occhi a mandorla.

Questi semplici quattro motivi fanno tenere accesa almeno la luce gialla di Defcon 3 (alla lettera: "la sicurezza e la vigilanza vengono aumentate a causa di un elevato rischio di attacco su qualche operazione in corso").
E se niente cambierà in questi giorni, se non verrà ritirata la minaccia di accendere, entro la fine della prossima settimana, i motori su quelle due rampe di lancio mobili che Pyongyang ha schiarato sulla costa orientale, mi sa che almeno una notte con il fiato sospeso la passeremo; magari non proprio con il terrore dei nostri genitori nelle ore di sospensione fra il 27 ed il 28 Ottobre del 1962, ma, mi auguro, con lo stesso esito positivo...